venerdì 25 marzo 2011

e poi Stromboli...


La notte è uno specchio che non mente, come per magia ti permette di guardarti dentro, ti mette a confronto, ti dice chi sei.
Non ti addormenta ma ti tiene vigile.
I tuoi desideri, i tuoi errori, i tuoi pensieri creano le stelle, che brillano come a volerti indicare il cammino di domani.
Di notte nitide si vedono le orme lasciate sulla spiaggia che il mare ha portato via e quelle che il vento con le foglie ha coperto lungo la strada ma che indelebili rimangono nel tempo.
Il buio non ti nasconde ma ti getta allo scoperto, ti illumina come in un giorno di sole, ti permette di guardare lì dove la luce del giorno ti abbaglia.
Ti apre gli occhi e non è silente ma urla con grida che ti scuotono come il vento.
La notte ti trasforma, ti fa essere ora uomo ora animale, ora il più bel fiore.
Ti trasporta ora nelle profondità del mare ora tra le fronde di un albero argenteo d’ulivo su per la montagna e poi per il cielo stellato.
Di notte non sei mai solo, la dolce musica dell'universo ti accompagna e tu sei una piccola nota che continua a rendere tutto ancora più magico.
La notte e il buio mi indicarono la difficile strada che tra le onde il vento dispettoso si divertiva a cambiare a suo piacimento.
Poi il buio come le onde venne sopraffatto da una vampata di fuoco che all'orizzonte improvviso squarciò la notte.
E poi Stromboli...
Da quel giorno folate di vento bussavano incessanti alla mia porta mi svegliavano, mi scuotevano, mi chiamavano, mi indicavano una strada, una via buia nella notte.
Tramontana fredda, non la vedevo ma la sentivo, la seguivo nel buio, nel suo perpetuo viaggio, ora quasi dolce e calda dietro il muro di una casa ora impetuosa e gelida in prossimità di un grande albero.
Nessuna luce, nessuna stella m’illuminava il cammino.
Il vento mi spingeva dove voleva lui lì dove nasceva e moriva lì dove creava le sue forme trasformando le onde del mare in giganti d'acqua e le foglie degli alberi in tante piccole note che cantavano, fischiavano e urlavano ad ogni suo passaggio.
Avrei voluto domarlo, richiuderlo dentro un otre, volevo farlo mio, imprigionarlo per scoprirne il suo volto per conoscerne la sua magia e rubare i suoi segreti, ma la notte era troppo buia, il suo mantello era la sua maschera mi abbandonai, anche stavolta ne ero uscito sconfitto, lui era padrone di me.
Non bastava chiudere gli occhi, non bastava chiudere le porte, il vento non si vede ma si sente e lo senti adesso forte e prepotente mentre frusta le onde del mare che con il loro adagiarsi sulla spiaggia o infrangersi sugli scogli compongono una musica da sempre familiare, ne distinguo il loro ritmo scandito nel tempo, mi cullano e mi inquietano.
Il mare non potevo chiuderlo fuori di me, l'avevo nelle ossa.
Non potevo tenerlo fuori dalla porta, la notte me lo ritrovavo nel mio letto che sapeva di sale.
Il vento della notte vittorioso svaniva nel sonno quando chiudevo gli occhi alle prime luci dell’alba, poi il sole bussava alle palpebre e mi apriva al mondo, non mi scaldava ma mi bruciava e mi ardeva come il tizzone di un falò e mi ritrovavo perso in un terso e azzurro cielo, ancora in lotta col vento ma questa volta nudo allo scoperto e senza il suo mantello ancora più irritato cercava di nascondersi, di confondermi cambiando direzione ora da sud caldo Scirocco ora da nord fredda Tramontana, che sfigurava gli alberi e rendeva animata ogni cosa.
Inutilmente, vinto dalla luce del sole rosso come il fuoco.
Il mare lotta strenuamente ma si abbandona ad ogni suo passaggio cambiando forma e colore come uno specchio dove il vento sconfitto rivela il suo volto e si anima prendendo corpo e forma.
Questa mia terra è viva, ricca d'energia e di storia dove la natura fa da padrone.
La sento nella carne, sotto i miei piedi nudi, la sento scivolare tra le mani mentre la stringo forte e la osservo, sabbia nera, nera come una notte buia d'inverno, sembra voglia accarezzarmi, parlarmi, mi racconta di leggende di pescatori e tesori nascosti mimetizzati tra i granelli che brillano.
Questa terra è viva e di essa non posso fare a meno di nutrirmi come gli alberi e le piante e ne prendo il suo colore, vivo tra il giallo delle ginestre e il bianco dei gelsomini e mi perdo tra petali di buganvillee rosse, rosse come il fuoco di questa terra che cova sotto di noi.
E poi ancora Stromboli...

Fabio Famularo

1 commento:

Anonimo ha detto...

Complimenti per la bella pubblicazione e all'autore per la storia avvincente e incredibile raccontata con semplicità ma con una grande forma descrittiva che ti fa sembrare di stare dentro l racconto. a presto Luca da Palermo.