sabato 26 marzo 2011

Il richiamo silenzioso del vulcano


Inconsapevolmente attaccato ad una roccia di lava infuocata come un ulivo alla terra, come una patella allo scoglio, osservavo incantato i confini della mia esistenza che l’alba aveva appena svelato.
Volgevo il mio sguardo verso l’orizzonte dove terre lontane apparivano inspiegabilmente di tanto in tanto testimoni di un mondo che disconoscevo.
Una magia che si realizzava ogni qualvolta la Tramontana e lo Scirocco s’impadronivano dell’isola sferzandola ora con un vento gelido che rendeva terso il cielo e ravvivava i colori, ora con un vento caldo che sottraeva energie e dipingeva tutto di giallo.
Dal mare, come per incanto, sorgeva la terra e mi avvolgeva alimentando in me l’inquietudine della scoperta e della conoscenza.
Circondato da vasti e misteriosi confini, cercavo la mia strada che a volte mi conduceva al centro della terra seguendo una scia di lava che scottava i miei piedi nudi.
Altre volte mi portava negli abissi più profondi del nostro mare lì dove il blu diventa nero dove non esistevano appigli ai quali attaccarmi quando le onde prepotenti mi travolgevano invitandomi a gettare la maschera e a svelare la mia vera identità.
E poi la terra lì, lontana e misteriosa mi inviava il suo messaggio attraverso una barca che passava oltre Strombolicchio facendo rotta verso la costa, mi indicava la via attraverso la scia che il sole
all’alba e al tramonto disegnava sul mare come a realizzare un ponte ideale che con la fantasia di bambino mi conduceva lontano, verso l’ignoto in luoghi animati dalla fantasia degli anziani nei loro racconti di storie e leggende.
Divenni adulto sotto una pioggia di lapilli infuocati che m’invitavano ora a partire ora a restare.
Trovai il coraggio tra le onde lì dove le correnti sospinte dal vento mi trascinavano ora verso il vulcano ora verso la costa.
Il mare s’infrangeva continuamente sul mio corpo impadronendosi dei miei pensieri e delle mie ossa.
Col tempo mi arresi al mio eterno dilemma trovando pace lì dove il silenzioso richiamo del vulcano mi condusse, al riparo proprio come una barca dopo una tempesta.
Illusione e piacevole tormento…
Soffiava forte quel giorno il vento e copiosa cadeva dal cielo la pioggia che con il suo profumo sembrava conquistarmi.
Mancava poco al tramonto e presto i colori si sarebbero mescolati, dando vita alla sera e poi alla notte e al miracolo delle stelle.
Cercai riparo sotto delle alte palme ma il vento impetuoso si divertiva a scuotere violentemente le loro foglie negandomi rifugio poi, un attimo di tregua.
A piedi nudi percorsi una stradina in pietre sconnesse poi di corsa lungo la spiaggia ed ecco ancora la pioggia e con essa il buio, in quella mia folle corsa verso il mare mentre il vulcano si divertiva a colorare il cielo di fuoco togliendomi il fiato.
Le mie gambe si fecero di pietra e il mio cuore smise di battere, mi fermai a guardare nei pressi di una piccola insenatura ai piedi di un'alta scogliera lì dove all'alba come al tramonto, alto si levava festante il grido dei gabbiani e ancora di più nei giorni di tempesta, l'urlo prepotente del vento.
Il mare davanti ai miei occhi, ma ne percepivo solo il rumore, ne respiravo l’energia, mentre alto sopra di me il vulcano disegnava lingue di fuoco.
Rimasi molto tempo ad aspettare che le stelle s'impadronissero del cielo, poi lontano fra i lampi, avvistai una piccola luce di un lampioncino venire verso di me ebbi un sussulto poi un brivido che mi fece dimenticare della tempesta e del vulcano.
Abbandonai il mio rifugio andandogli incontro e quando fu ad un passo da me le presi le mani e la strinsi a me in un forte abbraccio.
Restammo avvinghiati l'uno a l'altra fino a quando una forte raffica di vento spazzò via la flebile luce di una candela fece sparire ogni cosa lasciando attorno a sé il silenzio e le stelle.
Illusione di una notte che velocemente passò lasciando un’indelebile traccia d’amore che mi fece trepidare alimentando ancor più la ricerca del luogo della mia esistenza.
Salpai su una barca, e inseguii il mare su ali di vento.
Interpretai correnti difficili da ammaestrare, creai ad arte rotte che mi conducessero lontano lì dove la terra cambiava i miei orizzonti, mi nascosi, ma non seppi resistere a lungo al richiamo silenzioso del vulcano…

Fabio Famularo

1 commento:

Anonimo ha detto...

Ho letto da poco il vostro libro e mi è piaciuto molto. E'molto bello questo viaggio nella Stromboli e tra le Isole Eolie di un tempo, un viaggio molto affascinante per chi come mè conosce i luoghi molto bene.