lunedì 7 ottobre 2013

“Stromboli, stelle di fuoco, i racconti delle eruzioni”, il libro più letto dell’estate 2013.

“Stromboli, stelle di fuoco, i racconti delle eruzioni, è un libro dedicato a tutti gli abitanti di Stromboli che da sempre con grande coraggio e amore, vivono all’ombra del vulcano. Questo racconto è stato ispirato dalle testimonianze degli abitanti di Stromboli. Sono figlio del vulcano, prima concepito, poi nato sotto quei crateri infuocati, tra la sabbia calda del mare, tra la terra ricca, lì dove crescono ginestre e canneti. La lava scorre nelle mie vene, la cenere che cade dal cielo si attacca alla mia pelle scura che come una spugna l’assorbe fino a penetrarmi nelle ossa. I suoi borbottii somigliano a quelli di mio padre, ai suoi rimproveri, ai suoi richiami. La sua voce è uguale a quella di mia madre, dolce e rassicurante, tenera e commovente. I lapilli infuocati sembrano messaggi giunti dal centro della terra, e tracciano strade nel cielo buio della notte come a indicare un cammino, una via lunga che si perde tra le stelle per poi rituffarsi sulla terra e nel mare. Li osservo da sempre, mi sento proprio come loro, più mi allontano da quella mia casa e più disperatamente ricerco il suo abbraccio. Il vento accarezza i miei capelli come le foglie degli alberi che si perdono su per la montagna arrivando quasi fin sui crateri. Il mare con le sue onde scuote le nere scogliere così come il mio animo inquieto. Il profumo dei limoni si mescola a quello della salsedine del mare. Il basilico nei vasi di terracotta, il rosmarino che cresce come la gramigna all’ombra di alte piante di alloro. I capperi arrampicati tra le antiche mura dei ruderi o sulle pareti scoscese del faro di Strombolicchio dai frutti forti e agri e dai fiori profumati. I gelsomini e le buganvillee colorate che ornano i terrazzi aggrovigliati l’uno sull’altro come in un abbraccio d’amore. Sono figlio di questa terra, la sento nel cuore, ce l’ho sulla pelle, la vedo sulle mie mani, nelle cicatrici e nelle rughe di mio padre. Sono figlio del Vulcano, di “Iddu”, ho la sua stessa forza, il suo stesso carattere, la sua debolezza, il suo stesso amore. “Stromboli, stelle di fuoco, il racconto delle eruzioni” di Fabio Famularo, “Edizioni Strombolibri per informazioni e contatti: www.strombolibri.it info@strombolibri.it http://stromboliracconta.blogspot.com

mercoledì 22 maggio 2013

Nuova pubblicazione per "Edizione Strombolibri" "Stromboli, stelle di fuoco i racconti delle eruzioni" di Fabio Famularo

sabato 23 febbraio 2013

...Stromboli (é) altro...

QUANNU ARRIVAI A STROMBULI In lontananza avvistai le prime luci di Stromboli, anche se in realtà erano quelle di Ginostra: un piccolo paesino sotto il vulcano di cui non conoscevo l’esistenza. Passai il resto della notte a fissarle fino a quando le prime luci dell’alba cominciarono a svelarmi i contorni della mia nuova realtà. I raggi ancora deboli del sole illuminarono a giorno l’isola. La doppiammo dal lato sud, quello esposto allo Scirocco e il leggero Maestrale, che ci aveva accompagnato per tutta la notte increspando la superficie del mare, improvvisamente sparì. Il mio sguardo fu subito rapito dalla cima della montagna, dove i crateri emettevano un fumo bianco e grigio, misto di vapore e cenere, che a ritmo quasi costante veniva lanciato in cielo con forza. Il comandante mi si avvicinò dapprima senza parlare, vedendomi estasiato o forse confuso, preferì che facessi mio quel momento senza che lui interferisse poi, cominciò a darmi dei ragguagli su tutto ciò che stavo vedendo, con dovizia di particolari. Passammo per Punta Lena: un piccolo villaggio di cinque o sei case di agricoltori, di cui mi colpirono la sabbia della spiaggia nerissima e la vegetazione di canneti che fitta lambiva il mare e l’ordine di centinaia di terrazzamenti che contenevano il terreno quasi fino alle pendici del vulcano. A perdita d’occhio capperi, ulivi, fichi e fichi d’india, dominavano la terra che baciata dal sole sembrava ardere formando quella nebbiolina di vapore che, durante i giorni di gran caldo, offusca le immagini. Alcune piccole barche si dirigevano in quella direzione mentre altre persone, visibili come dei puntini, sembravano seguirle lungo la riva o inerpicati sulle alte rocce di un irto sentiero che li conduceva al piccolo villaggio. Subito dopo ci apparve Forgia Vecchia: una lingua di sabbia tra due alti costoni che dalla cima della montagna arrivava fino al mare. “E’ qui che una volta il vulcano riversava la lava durante le sue eruzioni, ma questo non accade chissà da quante migliaia di anni. Adesso tutto avviene dal lato nord dell’isola” disse il comandante. Le casette bianche cominciarono a comparire sempre più numerose e con esse la gente dell’isola e le barche lungo le spiagge. Sotto il vulcano ogni cosa sembrava piccolissima e seguendo con lo sguardo il paese visibile da sud, una chiesa, con il suo alto campanile, mi colpì più di ogni altra cosa. Mi colpì inoltre, sulla linea dell’orizzonte, uno scoglio merlettato, maestoso, che affiorava dal mare come se qualcuno lo avesse adagiato lì per poter essere ammirato. Racconto tratto da: Fabio Famularo“…e poi Stromboli” Edizioni Strombolibri, 2008

lunedì 14 maggio 2012

Il bagaglio in fondo al mare


Da sempre era stato il mio punto di riferimento, la mia bussola in mezzo al mare, a lui mi ero rivolto in cerca di consigli e protezione, nelle sue mani avevo spesso affidato la mia stessa vita.
Mi faceva compagnia fin da quando ero bambino, era stato il mio sogno, il mio rifugio, la mia casa.
L’avevo cercato, inseguito, raggiunto e mai perso o abbandonato.
Mi ero lasciato incantare dalla sua incredibile bellezza ed ero stato rapito dal fuoco che lo rendeva vivo, dalla sua voce prepotente ma anche docile e rassicurante.
Era l’unico luogo in cui mi sentivo libero e prigioniero, dove i sentieri di sabbia nera sembravano non finire mai, come se potessero spingersi su in alto nel cielo e ben oltre il blu del mare che ci circondava.
Una piacevole illusione, dentro quei confini invalicabili che talvolta mi facevano gridare aiuto ma che sempre mi rassicuravano, proteggendomi da un mondo sconosciuto.
Da lui mi ero dovuto proteggere, sotto una pioggia di cenere e pietre infuocate, per trovare la salvezza, a lui mi ero affidato per trovare la via di casa.
Una dolce rassegnazione, un amore incondizionato, capace di rendermi fedele a quella roccia di lava, battuta dal vento e dal mare.
Quando fuggivo, il mio solo desiderio era ritornare.
La guerra, la fame, la carestia, le eruzioni, il maremoto, nulla era riuscito a staccare quel filo sottile e invisibile che mi teneva legato, quasi incatenato, a quella mia terra di contraddizioni.
Ero felice senza accorgermene e dopo un lungo e travagliato cammino ero fuggito, scappato, partito alla ricerca di ciò che avevo già e che in nessun altro luogo avrei potuto trovare.
Salpai su una barca di legno, poi su un piroscafo vecchio e arrugginito, quindi sulla nave più bella che fosse mai stata realizzata, portando con me tutta la mia vita, lasciando tra gli ulivi e le ginestre il mio cuore.
Tra gli sguardi della gente che non conoscevo, tra luoghi che non immaginavo potessero esistere, cercai sempre e con insistenza i colori e i profumi della mia terra, ma nulla era paragonabile a ciò che avevo lasciato.
Poi il buio, la notte, il mare nero e profondo, gelido come il ghiaccio. In quell’attimo tra la vita e la morte, il pensiero volò via verso la mia terra, come se il filo non si fosse ancora spezzato, mantenendomi a galla. Il suo calore mi riscaldò tenendomi in vita e il sogno di ritornare a casa mi ridiede speranza.
In mezzo alle onde persi tutto ciò che ero, tutto ciò che avevo portato per mantenere il ricordo di una vita spesa sotto il vulcano. Adesso ero nudo, spoglio, come se quel tragico naufragio fosse il segnale dell’inizio di una nuova vita che doveva dimenticare quella già passata.
Ben presto tra i grattacieli della città che mi accolse con tanto amore, capii che l’unico desiderio era di tornare. Avevo trovato tutto ciò che non avevo mai visto e tutte quelle comodità che non avevo mai immaginato.
Non c’era notte che non mi addormentassi cercando con lo sguardo il vulcano e non c’era mattina che non mi svegliassi sperando di essere a casa.
Cercavo il sale sulla mia pelle, il profumo dei limoni tra le mani e negli occhi infelici di Maria, il fuoco del vulcano.
Il suo richiamo era forte e prepotente come i suoi boati dopo un lungo sonno e continuava a giungere fin dall’altra parte del mondo come un messaggio d’amore e di pace.
Capii che era inutile resistere, ero nato dove desideravo vivere la mia esistenza, dove le mie radici erano radicate nel terreno e si nutrivano di quella sabbia nera.
Ero partito pensando di averlo abbandonato e tradito, ma Iddu mi stava ancora aspettando, non si era dimenticato di me, né io di lui.
La via del ritorno fu una dolce scia bianca che colorava il mare, un filo di ricordi che si riavvolgeva donandomi emozioni che da qualche tempo si erano sopite.
Una lunga attesa. Poi un puntino s’illuminò di rosso lungo la linea dell’orizzonte e incendiò l’alba del mio ritorno a casa, proprio come l’avevo sognato.
Racconto tratto da: Il bagaglio in fondo al mare Stromboli-New-York il sogno naufragato di Fabio Famularo "Edizione Strombolibri"
per ulteriori informazioni: www.strombolibri.it info@strombolibri.it contato facebook edizione strombolibri

Il bagaglio in fondo al mare


IL BAGAGLIO IN FONDO AL MARE
STROMBOLI-NEW YORK IL SOGNO NAUFRAGATO
A poche ore da porto di New Work, a soli settantacinque metri di profondità, si trova il relitto di un transatlantico. “La nave più bella del mondo” così era stata soprannominata l’Andrea Doria.
A bordo, nel suo tragico, ultimo viaggio del Luglio del 1956, vi erano molti uomini e donne partiti pieni di speranza verso il nuovo mondo, ma con la tristezza nel cuore per aver abbandonato la propria terra. Persero tutto durante quel viaggio, alcuni la vita stessa.
In fondo al mare, assieme al relitto, si trova ancora oggi una valigia al cui interno c’è un “pezzetto di Stromboli”. Sabbia nera della spiaggia di Piscità, lava rossa e porosa del vulcano, conchiglie e una bottiglietta di vetro con l’acqua di quel mare che circonda l’isola. Piccoli oggetti che Maria e Gaetano, con amore, avevano portato con sé per non dimenticare mai la loro terra.
In quegli anni l’isola si spopolava, la gente partiva in cerca di fortuna e le case, i giardini, le barche e le attrezzature da pesca, venivano abbandonate. Soltanto Gaetano, sbarcato a Stromboli da ragazzo, era deciso a non lasciare l’isola, convinto che la sua fortuna fosse proprio lì, su quello scoglio di lava battuto dal vento e dal mare. Resisterà a lungo, fermo nella sua decisione, fino a quando un evento straordinario lo porterà a lasciare Stromboli e a incontrare il suo destino. Scampato al naufragio dell’Andrea Doria con la sua famiglia, cercherà di costruire una nuova vita nel New Jersey in America. Ma la ricchezza e la generosità del nuovo mondo, non riusciranno a spegnere nel cuore di Gaetano e Maria, la nostalgia e il desiderio di Stromboli. Quando riusciranno finalmente a tornare a casa, scoprendo che la felicità che avevano cercato così lontano era lì, tra le macerie di quei ruderi, tra le piante di cappero e le ginestre profumate, davanti ai loro occhi e sotto i loro piedi scalzi.
IL BAGAGLIO IN FONDO AL MARE, STROMBOLI-NEW YORK IL SOGNO NAUFRAGATO è il sesto libro di Fabio Famularo edito da “Edizione Strombolibri”
Per maggiori informazioni: www.strombolibri.it info@strombolibri.it http://stromboliracconta.blogspot.com